Tumore al seno: nuovo modello radiologico individua lesioni maligne

23 Feb 2018

Un modello radiomico che utilizza dati provenienti dalla risonanza magnetica per immagini e li elabora tramite un algoritmo sarebbe in grado di distinguere in modo affidabile le lesioni maligne dalle benigne tra quelle identificate come “sospette “nel corso di una mammografia. Il metodo è stata presentato sulla rivista Radiology.

Per sviluppare un nuovo modello di valutazione di imaging mammografica,Bickelhaupt e colleghi, del German Cancer Research Center di Heidelberg, hanno utilizzato i dati ottenuti dalla Diffusion Weighted Imaging (DWI), ottenuti da 95 pazienti, per sviluppare il modello, che hanno poi validato su altri 127 malate. Il modello combinato, che unisce il coefficiente di diffusione apparente, il coefficiente di curtosi e più di 3.500 caratteristiche di volume, forma e struttura, avrebbe consentito di ridurre il numero di falsi positivi da 66 a 20, per una specificità del 69,7%, una prestazione simile a quella ottenuta con la mammografia a contrasto. Il modello, inoltre, avrebbe mancato solo un risultato positivo, con una sensibilità del 98,4%.

I commenti
“In questo studio, abbiamo modificato una speciale tecnica di risonanza magnetica, la Diffusion Weighted Imaging, per avere analisi delle caratteristiche specifiche della microstruttura del tessuto mammario e combinare successivamente la valutazione delle immagini con un algoritmo che decide se la lesione è benigna o maligna”, spiega Bickelhaupt. “I risultati suggeriscono che questo metodo potrebbe aiutare in futuro a caratterizzare le lesioni mammarie prima della biopsia, contribuendo a ridurre l’ansia e le procedure invasive. L’implementazione di questo esame nella pratica clinica potrebbe ampliare la serie di strumenti diagnostici a disposizione del radiologo, in futuro.. E dal momento che non c’è bisogno di agenti di contrasto né di radiazioni, potrebbe contribuire ad aumentare la disponibilità clinica di risonanza magnetica mammaria”.

Tuttavia, “è importante capire che questi approcci non sono destinati a sostituire tutti i protocolli standard attuali e che si tratta, pur sempre, di metodi in sperimentazione, per cui questo esame attualmente non può sostituire le procedure standard raccomandate dalle linee guida nazionali e internazionali”.

 

Da: Quotidiano Sanità

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