DIMENTICANDO LA SCUOLA RUBIAMO IL FUTURO AI NOSTRI FIGLI

19 Mag 2020

Il professor Claudio Mencacci, psichiatra, presidente della Società italiana di Neuropsicofarmacologia, direttore del Dipartimento Neuroscienze e Salute mentale Dipendenze dell’Azienda S.S.T. Fatebenefratelli – Sacco di Milano,  ci avverte sui pericoli delle decisioni non prese sulla scuola. 

 

Da oggi inizia la fase 2, per molti la liberazione, il tana libera tutti. Chiusi in casa per più di settanta giorni, si può tornare al bancone del bar,  tra i banchi del mercato e soprattutto alla cassa di ristoranti e negozi. Non si torna invece in classe, la scuola rimane ancora chiusa e non si ha alcuna prospettiva concreta su quando e come riaprirà. Si parla di centri estivi, in senso molto vago, lasciando fare ai Comuni. Contrariamente a quanto succede in altri Paesi, che prima dell’Italia, hanno deciso di occuparsi subito dei bambini.

In Francia, una settimana dopo la riapertura, settanta scuole hanno chiuso di nuovo i battenti per casi di Covid-19. Ma in altri Paesi, come Germania e Olanda, tutti sono tornati di fronte ai loro insegnanti, in carne e ossa. Magari non tra i banchi, ma all’aperto, nei musei o addirittura negli zoo e negli stadi, vedi Copenaghen. La Danimarca è stata la prima a riaprire e oggi tornano a scuola anche gli studenti che dovranno affrontare la maturità.

Qui, in Italia, non si è ancora capito cosa succederà non solo ora, ma neppure a settembre. Perché nel frattempo i bambini, i ragazzi, sono stati dimenticati a casa.
E non è una dimenticanza che non passerà senza conseguenze.
“Gli stiamo rubando il futuro e un giorno ce ne chiederanno conto” dice Claudio Mencacci, medico psichiatra, direttore del dipartimento Neuroscienze e Salute Mentale dell’ASST Fatebenefratelli e Sacco di Milano, past President della Società italiana di Psichiatria.
“Gli abbiamo sottratto tre mesi e gli abbiamo lasciato quella sensazione di futuro incerto che rimarrà a lungo”.
E se guardiamo alla scuola, alla didattica on line, quello che vediamo è che anche qui siamo entrati in piena fase 2, che però non corrisponde a lezioni all’aperto ma all’unica esigenza del voto  per – chiudere – l’anno scolastico. 
 
Prof. Mencacci cosa ne pensa del fatto che il governo abbia pianificato l’apertura di tutto il resto tranne la scuola?

La scuola per una nazione dovrebbe essere insieme alla Sanità al primo posto. Che la scuola potesse riprendere a funzionare a giugno o a luglio era una aspettava molto diffusa, legata al fatto che i bambini di fatto hanno molto sofferto della mancanza della scuola, e degli impedimenti alla socializzazione. In merito alle riaperture di questi giorni so che sono comparsi sentimenti anche un po’ ambivalenti: da una parte c’è il forte desiderio di ritrovarsi con gli amici, ma molti bambini hanno invece paura di uscire.
 
Questa paura non ce l’aspettavamo, i bambini hanno sofferto più di quel che pensiamo?

I bambini hanno molto sofferto, nonostante tutti gli sforzi fatti. Molti bambini sono molto preoccupati, si fa molta fatica a portarli fuori. Hanno interiorizzato il tema del distanziamento che non è sociale ma interpersonale. Se da un lato sono istintivamente proiettati verso gli altri, dall’altro hanno interiorizzato questo grande timore e questa preoccupazione. È un tema che dovremmo tenere presente. I bambini imparano a vedere il mondo con gli occhi dei grandi, dagli adulti di riferimento, imparano a reagire da loro. In questo caso i genitori non sempre sono riusciti loro stessi a gestire le loro emozioni, le condizioni di stress, e non sempre hanno fornito un’adeguata rassicurazione ai bambini.
 
Cosa comporterà questo?

Quando si riapriranno le porte ci saranno reazioni emotive e fisiche.  I bambini per loro caratteristica hanno reazioni emotive discontinue: cambiano, passano dalla rabbia al pianto, e poi sembrano assolutamente indifferenti. Ma ci saranno reazioni fisiche inaspettate: mal di pancia, mal di testa, qualcuno comincerà a fare la pipì a letto, avrà paura del buio. Sono tutti segnali, reazioni fisiche, ad una condizione emotiva che è stata, e continua ad essere, molto forte. Ci sono bambini che hanno perso la voglia di fare, di giocare. Altri hanno mostrato il desiderio di isolarsi con i videogiochi o i libri. Tutto fa parte di una valutazione che via via vedremo nelle prossime settimane.
 
C’è una fascia di età più a rischio? Gli adolescenti?

La fascia più a rischio è quella dai 16 ai 24 anni. È la più sensibile agli effetti della quarantena, e dell’isolamento all’interno delle proprie case. Laddove i giovani erano tendenzialmente timidi, introversi e chiusi, portati ad una ridotta socializzazione hanno scoperto il loro mondo ideale. Nessuno li spingeva più ad uscire. Io li chiamo le orchidee, i giovani più sensibili: hanno avuto il loro momento di gloria. Spesso sono stati efficienti e efficaci con i genitori, anche solo per loro competenze tecnologiche. La maggioranza dei ragazzi invece ha sofferto di questa condizione di isolamento. Ma su questo abbiamo fatto una gran confusione. Solitudine è il non essere accolti nei loro bisogni. L’isolamento è uno stato fisico, da cui sono riusciti ad uscire meglio di quel che credevamo grazie alla tecnologia. Ora cercheremo di comprendere cosa ne verrà fuori. Le esperienze precedenti, durate molto meno, avevano portato a conseguenze che si erano spalmate per vari anni.
 
Cosa dicono i precedenti?

Le conseguenze erano soprattutto per la fascia di cui abbiamo parlato, poi le donne, e gli anziani più a rischio a causa dell’isolamento. Ora si sta facendo un bilancio dell’impatto di questo periodo sui comportamenti. Ci vorrà moltissimo tempo a vederli modificati, e la condizione  – al di là dell’evitamento che rimarrà per molto tempo -, sarà quello di uno stato di allerta, ma soprattutto un sentimento che può virare verso la facile irritabilità. Nei più giovani la sensazione di furto del futuro.

 

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