Allattamento al seno. “Solo il 10% delle madri continua oltre i 6 mesi”. Dai neonatologi un decalogo con alcuni consigli pratici

29 Set 2016

Dati preoccupanti per i neonatologi italiani, anche se in netto miglioramento rispetto al passato. La pratica dell’allattamento al seno, negli ultimi anni è stata influenzata da tante variabili sociali, culturali, economiche che ne hanno alterato la natura. Per aiutare le donne nel percorso di preparazione all’allattamento e accompagnarle durante questa esperienza, la Sin ha stilato alcuni consigli.

Gli effetti positivi sulla salute del bambino e della madre, perdurando, fanno della protezione, promozione e sostegno dell’allattamento al seno uno degli interventi di salute pubblica più rilevanti in termini di efficacia e di rapporto costo/beneficio. Nei primi giorni di vita il 90% delle donne italiane comincia ad allattare al seno il neonato, alla dimissione dall’ospedale la percentuale scende al 77% per poi crollare al 31% a 4 mesi e solo il 10% continua ad allattare oltre i 6 mesi di vita.

Dati preoccupanti per i neonatologi italiani, ma in netto miglioramento rispetto al passato, grazie anche all’impegno della Società Italiana di Neonatologia (Sin), che da alcuni anni ha avviato una grande campagna di promozione dell’allattamento materno. L’obiettivo di indurre un atteggiamento culturale favorevole all’allattamento al seno nell’opinione pubblica e favorirne la scelta consapevole ed attiva nelle gestanti, madri, puerpere è divenuto prioritario, la promozione dell’allattamento al seno non può infatti essere relegata solo alla Settimana Mondiale per l’Allattamento materno, che sarà dall’1 al 7 ottobre.

Nei mesi scorsi, la Sin, assieme ad altre società scientifiche pediatriche (Sip, Sigenp, Sicupp e Simp) ha sottoscritto un importante documento chiamato “Position Statement sull’Allattamento al seno e uso del latte materno/umano”, che nasce dalla necessità di tracciare una linea d’azione comune tra gli operatori del settore, offrendo dei riferimenti professionali precisi in materia di alimentazione infantile, che possa servire come riferimento anche alle famiglie. Presso il Ministero della Salute è stato, inoltre firmato, in presenza del Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, il documento “Promozione dell’uso del latte materno nelle Unità di Terapia Intensiva Neonatale (TIN) ed accesso dei genitori ai reparti” che punta a rafforzare l’impegno dei neonatologi italiani e delle istituzioni nella promozione dell’allattamento al seno.

Tra le azioni più concrete rivolte alle mamme, la Sin sostiene il progetto Baby Pit Stop, una mappatura, consultabile attraverso un’App da scaricare sullo smartphone, che permette ad ogni mamma di verificare qual è il posto più vicino, e più raccomandato dalle altre mamme, dove fare un baby pit stop, ovvero una sosta, per poter allattare il proprio bebé in uno spazio confortevole.

“Essendo un comportamento naturale, spontaneo, frutto dell’emergere delle competenze proprie di ogni donna, l’allattamento al seno ha bisogno di essere promosso e sostenuto, investendo risorse materiali, umane e morali – afferma il Presidente della Sin Mauro Stronati –. Per farlo la Sin ha messo a punto alcune semplici indicazioni, una sorta di decalogo, da seguire anche con l’aiuto del pediatra/neonatologo e di tutto il personale sanitario che accompagna mamma e neonato fino all’uscita dall’ospedale e nei primi mesi di vita”.

Perché le donne non allattano al seno
“Tante e diverse sono le motivazioni, differenti in base al livello economico, sociale e culturale, all’etnia o alla regione geografica di appartenenza. Anche in Italia le differenze socioeconomiche e territoriali condizionano l’accettazione e la prosecuzione dell’allattamento al seno da parte delle madri; infatti allatta per un minor numero di mesi quella parte di popolazione con livello di istruzione e condizione socioeconomica più bassi e quella residente nelle regioni meridionali. Alcune neo-mamme non si sentono all’altezza, temono di non avere abbastanza latte, la stanchezza e lo stress dopo il parto possono giocare a sfavore, soprattutto quando manca il sostegno da parte del partner o di altri membri della famiglia; per alcune il motivo principale è il ritorno al lavoro”, spiega la Sin.

Il calo significativo dell’allattamento al seno e più in particolare dell’esclusivo, rilevato tra la dimissione e la prima vaccinazione, suggerisce di focalizzare l’attenzione sulle modalità d’attivazione della rete di sostegno ospedale-territorio, sulla tempistica e sulle modalità di presa in carico del bambino da parte del pediatra di famiglia e, infine, sulle competenze cognitive e relazionali (counselling) possedute dagli operatori sanitari territoriali e ospedalieri.

L’importanza dell’allattamento materno
“Allattare al seno fa bene al bambino ed alla mamma. Il latte materno rappresenta la migliore alimentazione possibile per il neonato; tra gli effetti benefici, inoltre, è ben documentato un minor rischio di infezioni gastrointestinali, infezioni respiratorie, asma, otiti medie acute e di sviluppare a lungo termine sovrappeso, obesità e malattie collegate (malattie cardiovascolari, ipertensione, diabete di tipo 2) rispetto al neonato alimentato con latte artificiale.
L’allattamento al seno mantenuto anche durante il divezzamento, può offrire protezione al lattante geneticamente predisposto alla malattia celiaca e generare uno stato di tolleranza nei confronti delle proteine introdotte, prevenendo la cascata infiammatoria e l’espressione clinica della malattia.
I vantaggi del latte materno sono ben confermati anche nel neonato pretermine attraverso una ridotta incidenza di gravi patologie quali sepsi, meningite, enterocolite necrotizzante e con miglioramento dello sviluppo cognitivo”, proseguono i neonatologi.

La consapevolezza di contribuire alla sopravvivenza ed al benessere del proprio neonato è di grande aiuto per la mamma di un neonato pretermine, le restituisce il ruolo primario e la fa sentire indispensabile nell’assistenza del proprio figlio. Le madri che allattano vanno incontro a minori perdite ematiche e ad una più rapida involuzione uterina e perdita di peso dopo il parto; il rischio di cancro del seno si riduce del 4% per ogni anno di lattazione; sono segnalati anche effetti positivi a lungo termine, anche per quanto riguarda diabete e ipertensione. Le donne che non allattano o che smettono precocemente sono più esposte alla depressione puerperale.

Il Decalogo
Benché sia una delle azioni più naturali e spontanee, la pratica dell’allattamento al seno, negli ultimi anni è stata influenzata da tante variabili sociali, culturali, economiche che ne hanno alterato la natura. E’ importante, allora, che le donne siano aiutate nel percorso di preparazione all’allattamento e accompagnate durante questa esperienza. La Sin ha messo a punto alcuni consigli pratici.

1. Prima di allattare
Prima cosa da fare per comprendere realmente i benefici dell’allattamento al seno è informarsi. L’informazione serve per motivare le future madri (in particolare le primipare) e viene condotta attraverso incontri in piccoli gruppi, coinvolgendo anche le persone della famiglia, che possono influenzare la decisione materna, quali il marito/partner e/o le future nonne. Questi incontri sono occasione anche per far chiarezza sui falsi miti e sui tabù relativi all’allattamento, lasciando comunque sempre in primo piano l’aspetto psico-affettivo.

2. Il primo contatto mamma-bambino
Da non sottovalutare è il primo contatto pelle a pelle prolungato in sala parto di mamma e neonato, che consente di facilitare il bonding (legame) e creare le condizioni affinché la prima poppata al seno avvenga nelle prime ore di vita del bambino.
Per una corretta “iniziazione” alla pratica dell’allattamento al seno, occorre innanzitutto individuare la posizione più idonea al seno materno durante la poppata. Particolarmente utile, ma non unica, quella sotto braccio, detta anche a presa da pallone da rugby. Presso le maternità occorre favorire il rooming in, pratica ospedaliera di lasciare il neonato in camera con la propria madre durante tutta la degenza, in modo da rendere possibile l’allattamento a richiesta. Gli eventuali controlli clinici e strumentali devono avvenire nella stessa stanza, senza interferire con l’allattamento al seno.

3. Il calo di peso
E’ importante allattare a richiesta del bambino, senza limiti di numero e durata delle poppate, cogliendo i segni precoci di ricerca del seno (fame), più che attendere il pianto come espressione di “appetito”. Ciò faciliterà la fisiologia della lattazione. Nei primi giorni di vita, anche quando il neonato può avere ittero e necessitare di fototerapia, l’allattamento al seno deve essere mantenuto. Per i bambini “più esigenti” spesso si tende a richiedere la famosa aggiunta di latte artificiale, ma eventuali piccole aggiunte vanno prescritte solo previa valutazione delle condizioni del bambino, dell’entità del calo di peso e la reale possibilità della mamma di rispondere alle esigenze del piccolo.
Il calo di peso medio alla nascita è circa il 5% con un massimo ancora accettabile del 10%.
Bisogna perciò prendere in considerazione un calo tra l’8 e il 10%, che non suggerisce un’automatica supplementazione di latte artificiale. E’ invece opportuno verificare l’attacco al seno, la sequenza e la durata delle poppate e lo stato di benessere di mamma e bimbo. In caso di necessità, la prima scelta di integrazione deve sempre ricadere sul latte materno estratto. Va inoltre previsto un controllo di peso con verifica dell’allattamento a 24-72 h dalla dimissione dal nido. Per questo, operatori competenti del punto nascita, dei servizi consultoriali, ginecologi e pediatri di libera scelta o gruppi di aiuto mamma a mamma, debbono essere a disposizione di tutte le mamme, soprattutto nella prima settimana di vita del bambino, per essere di sostegno nell’avvio dell’allattamento al seno. Il recupero del peso neonatale di un bimbo allattato esclusivamente al seno, avviene solitamente entro i 14 giorni di vita.

4. Il ciuccio
L’uso del ciuccio per il bambino allattato al seno va evitato durante tutto il periodo in cui l’allattamento al seno deve consolidarsi. L’eventuale offerta del ciuccio va presa in considerazione a partire dalla 3°- 4° settimana di vita, come intervento di prevenzione per la SIDS anche se in realtà nessuno degli studi sull’associazione fra uso del ciuccio e SIDS riporta un effetto protettivo tanto evidente quanto quello dell’allattamento al seno.

5. Il latte formulato
Il latte artificiale deve essere impiegato solo in quei casi in cui c’è assenza di latte materno o è riscontrata una patologia della madre per cui è sconsigliato l’allattamento, o per rispetto della volontà materna; laddove è possibile, si può ricorrere alle Banche del latte umano donato (BLUD).

6. Banche del latte
Quando il latte materno non è disponibile, in particolare nel primo periodo dopo il parto, si può ricorrere al latte umano donato. Nonostante il trattamento termico, necessario per inattivare batteri e virus, ne alteri parzialmente le proprietà biologiche e nutrizionali, il latte umano donato rappresenta la prima scelta nutrizionale subito dopo quello della propria madre. Rispetto alla alimentazione con formule, nei pretermine infatti, il latte umano riduce l’incidenza di enterocolite necrotizzante e migliora la tolleranza alimentare; contribuisce alla riduzione delle sepsi e altre infezioni, previene lo sviluppo di ipertensione arteriosa e insulino-resistenza in età adulta. Il latte materno estratto rappresenta anche la principale integrazione laddove si verifichi una condizione di eccessivo calo ponderale alla nascita e per i rari casi in cui neonati a termine, per brevi periodi, non possono alimentarsi al seno.
Le Banche del latte operano grazie alla generosità di donatrici volontarie, accuratamente selezionate, che offrono il proprio latte a titolo gratuito.

7. Alimentazione della mamma
Un’alimentazione appropriata per la donna in allattamento deve soddisfare tutti fabbisogni, in particolare quelli energetici, proteici e di calcio, non è prevista alcuna limitazione alimentare o dieta specifica.
Una dieta varia e sana, adeguata alle esigenze della mamma, sarà salutare per lei e per il bimbo. Non bisogna mangiare tanto più del solito, poiché a una donna che allatta bastano 500 Kcal al giorno in più; non serve eliminare particolari alimenti per prevenire le allergie, né è documentato con certezza che alcuni cibi o liquidi possano far aumentare la produzione di latte. Al contrario, possono avere una scarsa (ma reversibile) produzione di latte le donne disidratate, con febbre o in assetamento volontario, quelle gravemente malnutrite o a digiuno volontario. Sconsigliata la dieta vegetariana o vegana, poiché se non è ben bilanciata, mette a rischio di carenza di vitamina B12 il piccolo. Si deve limitare l’uso di alcool etilico che, oltre a passare nel latte e provocare nel lattante sedazione, ipoglicemia, vomito e diarrea, può inibire la montata lattea.

8. Pretermine
Per una maggior diffusione dell’allattamento materno nelle TIN, il primo passo da compiere è consentire ai genitori un accesso libero al reparto che permetta loro di conoscere precocemente il proprio bambino, di avere contatti prolungati con lui, anche attraverso la marsupio-terapia, e perché no, di familiarizzare col personale. La montata lattea, condizionata negativamente dallo stress della nascita, può presentarsi a qualunque età gestazionale. Le quantità di colostro prodotte, seppur minime, sono il più delle volte sufficienti per iniziare una minima precocissima alimentazione, fondamentale nei neonati critici. Quando il latte materno, nel primo periodo dopo il parto, non è subito disponibile per i prematuri, soprattutto quelli problematici, di peso alla nascita inferiore a 1500 g ricoverati in TIN, il latte umano donato può essere considerato alla stregua di un farmaco essenziale.
Gli usuali criteri per stabilire quando il neonato può iniziare a succhiare al seno sono grossolani: raggiungimento di un determinato peso postnatale, di una certa età postconcezionale, del conseguimento della capacità di alimentarsi al biberon. Maggiormente affidabile è il criterio della stabilità delle condizioni cliniche accompagnata da movimenti della lingua e della bocca, anche in assenza di una provata abilità a succhiare e a deglutire. Non devono esistere quindi pregiudizi concettuali.

9. L’empty breast
Per facilitare l’attacco al seno del neonato prematuro si spreme la mammella prima della poppata integrando eventualmente col latte spremuto. Si evita così che un pretermine ancora privo di una vigorosa suzione, venga attaccato al seno ad una mammella per lui relativamente troppo piena.
Un sistema efficiente di spremitura del latte, può essere manuale, meccanico o combinato (spremitura elettrica seguita da spremitura manuale). Se la spremitura è effettuata con pompa tiralatte, va fatta di preferenza contemporaneamente da entrambe le mammelle. Il successo della spremitura dipende anche dalla correttezza delle istruzioni ricevute in merito al momento in cui iniziare, la scelta di coppe adeguate (ne esistono di dimensioni diverse), la potenza dell’estrazione e la frequenza della spremitura. E’ utile che la madre tenga un diario come strumento di autocontrollo sulle quantità di latte spremuto e sul numero di sedute di spremitura.

10. I falsi miti
Se durante l’allattamento si formano lesioni del capezzolo, per superare l’ostacolo, si può dare al bimbo il proprio latte estratto. In caso di malattie debilitanti, invece, come influenza, diarrea, coliche, infezioni urinarie, la decisione se sospendere o meno l’allattamento spetta alla mamma, ma è sempre bene evitare nel bambino una brusca interruzione. Sfatiamo anche il luogo comune che bere tanto (o bere la birra) aiuti a produrre più latte. L’allattamento inoltre non comporta un calo del visus e non va quindi proibito alle madri con miopia o altre patologie oculari. Anche l’insorgere di una nuova gravidanza, a meno di particolari fattori di rischio, non giustifica una precoce interruzione.
La dipendenza del bambino da sua madre, implicita nell’allattamento materno di lunga durata, non va confusa poi con l’autonomia del bambino, che non ne risulta compromessa.

Da QS

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