Alcol. In Italia oltre 720mila i consumatori “pesanti”. A rischio un milione e mezzo di under 16

18 Apr 2016

Il 90% dei consumatori dannosi resta sommersa, non è intercettata, non fa ricorso ai servizi di diagnosi, cura e riabilitazione e non riceve alcuna forma di trattamento. La percentuale più elevata di consumo, per entrambi i sessi, si rileva tra gli adolescenti di 16-17 anni e tra gli anziani ultra 65enni. I DATI

In Italia si registrano circa 8 milioni di consumatori di alcol a rischio di età superiore agli 11 anni: è quanto emerge dalle stime dell’Istat e dell’Istituto superiore di sanità. Di questi, 720 mila sono “heavy drinkers”, ossia bevitori pesanti, che consumano una quantità dannosa per la salute: l’Oms definisce “dannosi” i consumi giornalieri di oltre 40 g di alcol per le donne e più di 60 g per gli uomini. Ma soltanto il 10% di questi heavy drinkers (poco meno di 73 mila) viene intercettato e avviato ai servizi alcologici del Servizio Sanitario Nazionale (Ssn). Il 90% dei consumatori dannosi resta sommersa, non è intercettata, non fa ricorso ai servizi di diagnosi, cura e riabilitazione e non riceve alcuna forma di trattamento.

Questi alcuni dei numeri che delineano il consumo di alcol in Italia, in particolare di quello dannoso alla salute, presentato oggi, in occasione dell’Alcohol Prevention Day presso l’Aula Pocchiari dell’Istituto Superiore di Sanità, dall’Osservatorio Nazionale Alcol (e Centro OMS per la ricerca e la promozione della salute su alcol e problematiche alcol correlate) del CNESPS dell’ISS. “Da una visione d’insieme emerge che nel nostro Paese oltre 720.000 individui non solo sono “a rischio” – osserva Emanuele Scafato, direttore dell’Osservatorio – ma già pazienti con danno d’organo e dipendenza causati dall’ alcol, condizioni tali da richiedere una delle forme di trattamento disponibili nei servizi di alcologia in grado di arrestare la progressione del danno, di prevenire le complicanze e l’evoluzione verso forme più complesse di dipendenza, nonché di avviare un possibile percorso terapeutico e di riabilitazione”.

Alla luce di questo, prosegue Scafato, “risulta grave il debito formativo professionale medico sull’identificazione precoce e l’intervento breve da anni richiamato dai Piani Nazionali di Prevenzione e non ancora integrato nella pratica clinica quotidiana corrente. L’Osservatorio Nazionale Alcol (ONA) ha già predisposto e fornito ad alcune Regioni lo standard europeo di formazione specifica su identificazione precoce e intervento breve (IPIB) comprensive degli aggiornamenti delle linee guida europee BISTAIRS e RARHA presentate oggi, anch’esse, in ISS. Alle Regioni interessate l’ISS, tramite il Centro OMS e l’Osservatorio Nazionale Alcol, offre lo svolgimento della formazione regionale e l’attuazione di corsi avanzati di aggiornamento, formazione professionale e medica continua da svolgere secondo regime convenzionale per l’integrazione dello screening AUDIT nei contesti di medicina generale e adeguata gestione del caso”.

Sempre nella giornata odierna l’Osservatorio Nazionale Alcol presenta un Rapporto Istisan relativo alle Linee Guida Europee sviluppate dall’ISS per la Commissione Europea per l’identificazione precoce del rischio alcolcorrelato. Linee guida che sono state messe a punto attraverso un “decalogo” nell’ambito della Joint Action Europea RARHA (Reducing Alcohol Related HArm), della durata di tre anni (2014-2016), coinvolgente 30 nazioni europee, promossa su iniziativa dei rappresentanti degli Stati Membri del Committee on National Alcohol Policy and Action, l’organismo creato dalla Commissione Europea per supportare l’implementazione della Strategia Europea sull’Alcol sul bere dei giovani e sul binge drinking e in cui l’Istituto Superiore di Sanità rappresenta l’Italia su nomina governativa.

Nell’ottica della prevenzione, in particolare, tra i giovani, si svolge la terza edizione dell’Alcohol Prevention Race, in programma domenica 17 aprile nel contesto dell’ “Appia run” alle Terme di Caracalla. Vi prenderanno parte oltre 5000 appassionati provenienti da tutte le regioni italiane e dall’estero per confrontarsi con la strada più moderna dell’antica Roma, l’Appia Antica. All’iscrizione saranno consegnati ai partecipanti la maglia, lo zainetto il pettorale e i materiali per la prevenzione per giovani e adulti realizzati grazie al finanziamento del Ministero della Salute in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità.

In Italia – che pure ha ridotto significativamente i consumi, attestandosi a circa sei litri l’anno pro capite e la mortalità specifica – la prevalenza dei consumatori dannosi di alcol è più elevata tra gli uomini rispetto alle donne con una differenza significativa nell’Italia Nord-occidentale e nelle regioni del sud rispetto alla media nazionale. Nel corso degli anni 2007-2014 non si sono osservate diminuzioni soddisfacenti e il confronto tra gli ultimi due anni non mostrano differenze statisticamente significative mostrandosi stabile il numero dei consumatori dannosi in necessità di trattamento. L’analisi effettuata nel quadriennio 2011-2014 mostra che la prevalenza dei consumatori dannosi di alcol in Italia è più elevata tra gli uomini rispetto alle donne. In alcune realtà territoriali (Liguria, Toscana, Umbria, Lazio e Sicilia) la differenza di genere non è significativa. E’ il Molise la Regione con la quota significativamente più elevata rispetto alla media nazionale di consumatori dannosi di sesso maschile.

La prevalenza di consumatori dannosi di alcol di sesso maschile è superiore rispetto alla media italiana anche in Basilicata, Valle d’Aosta, Abruzzo, e Sardegna. Piemonte e Toscana sono le Regioni in cui si registrano prevalenze superiori alla media italiana delle consumatrici dannose di alcol.
Aumenta il ricorso ai servizi di alcologia e di assistenza territoriali, ma in maniera disomogenea attraverso rinnovabili capacità di intercettazione estremamente variabile sul territorio nazionale anche in funzione della prevalenza di personale non interamente dedicato. Ciò si riflette anche in differenze sostanziali nella modalità di trattamento non orientato da linee guida di riferimento né da valutazioni di efficacia. In dieci anni i servizi alcologici sono aumentati del 14%, a fronte di un aumento dell’utenza del 35%. I servizi o gruppi di lavoro per l’alcoldipendenza identificati nel 2014 sono stati 504 all’interno dei quali sono state preposte alle attività 4.596 unità di personale di cui solo il 22,9% addette esclusivamente e il 77,1% parzialmente.

Diversi studi nel corso degli ultimi anni hanno evidenziato un aumento del rischio, se pure limitato, anche con una quantità di etanolo che rientra nel cosiddetto consumo a basso rischio, cioè pari a 10 g/die. Sulla base delle nuove evidenze scientifiche sono quindi state individuate le soglie di consumo di bevande alcoliche che si consiglia di non superare abitualmente per non incorrere in problemi per la salute. I nuovi limiti, basati sulle valutazioni pubblicate nel 2014 dai nuovi Livelli di assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia (LARN), già acquisite dal Ministero della Salute, stabiliscono che è consigliato non superare mai quantità di alcol definite a più basso rischio (lower-risk drinking) sottolinando che aqualunque livello di consumo il rischio esiste.

Sotto i diciotto anni qualunque consumo deve essere evitato e sconsigliato sino a completa maturazione del sistema enzimatico e del cervello (tra i 21 e i 25 anni), per le donne adulte e gli anziani(ultra 65enni) il consumo giornaliero non deve superare una UA (un bicchiere corrisponde ad una UA standard contenente 12 grammi di alcol puro) mentre per gli uomini adulti il consumo giornaliero non deve superare le due UA al giorno, indipendentemente dal tipo di bevanda consumata. Le rilevazioni disponibili attraverso le serie storiche delle basi di dati rilevano che in media, negli ultimi anni , il 15% circa degli uomini e il 6% circa delle donne hanno dichiarato di aver abitualmente ecceduto quotidianamente nel consumare bevande alcoliche (nel 2014 per un totale di circa 5.800.000 persone).

La percentuale più elevata per entrambi i sessi, si rileva tra gli adolescenti di 16-17 anni e tra gli anziani ultra 65enni. La percentuale più bassa viceversa si registra nella fascia di età 18-24 anni. L’analisi dell’andamento dei consumatori abituali eccedentari condotta separatamente per maschi e femmine sulla popolazione di età superiore a undici anni, ha mostrato che la prevalenza dei consumatori eccedentari è diminuita tra il 2007 e il 2014. La diminuzione è stata più consistente tra gli uomini (M=-6,9 p.p.), mentre tra le donne la diminuzione rispetto al 2007 è stata pari a 4 p.p. Nel corso dell’ultimo anno, tuttavia, si è registrata una diminuzione pari a 0,7 p.p.

I consumatori a rischio, considerati come quelli che eccedono su base quotidiana le linee guida e/o dichiarano episodi di binge drinking sono mediamente circa 8 milioni l’anno con 1,5 milioni di giovani di età compresa tra gli 11 e i 25 anni di cui quasi 800.000 minori al disotto dell’età minime legale, ponendo considerazioni del mancato rispetto della legalità e delle norma che vietano vendita e somministrazione ai minori. Tra gli ultra65enni si registrano circa 2,7 milioni di consumatori a rischio, il doppio che tra i giovani ponendo un serio richiamo all’esigenza di interventi che se promossi tra i giovani nelle scuole devono poter riguardare anche coerentemente gli anziani che generano costi molto maggiori per il SSN.

I dati mostrano che mediamente non meno di 3.300.000 persone di età superiore a 11 anni nel corso degli ultimi anni ha dichiarato di bere sino all’intossicazione, con una frequenza che cambia a seconda del genere e della classe di età della popolazione. Le percentuali di binge drinker sia di sesso maschile che femminile aumentano nell’adolescenza e raggiungono i valori massimi tra i 18-24enni (nel 2014 , M=21%; F=7,6%); oltre questa fascia di età le percentuali diminuiscono nuovamente per raggiungere i valori minimi nell’età anziana . La percentuale di binge drinker di sesso maschile è sempre statisticamente superiore al sesso femminile in ogni classe di età ad eccezione degli adolescenti, ossia quella fascia di popolazione per la quale la percentuale dovrebbe essere zero a causa del divieto per legge della vendita e somministrazione di bevande alcoliche al di sotto della maggiore età.

Da QS

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