Aborto. Garantire a donne che lo chiedono un adeguato counselling sulla contraccezione. Il progetto Aogoi

13 Apr 2016

“È questo un importante passo in avanti per intervenire sulle cause alla radice del problema, per evitare delle interruzioni volontarie di gravidanza ripetute”. Così l’Aogoi interviene all’indomani dell’accoglimento del ricorso presentato dalla Cgil al Consiglio d’Europa sulle difficoltà riscontrate in Italia per l’accesso all’aborto nelle strutture pubbliche. 

Sensibilizzare operatori dei centri italiani che praticano che praticano le interruzioni di gravidanza sull’importanza di garantire la dovuta attenzione alla contraccezione post Ivg, attraverso un percorso che offra alle donne un adeguato counselling contraccettivo e per la pianificazione familiare. Questo il cardine del progetto Aogoi, illustrato all’indomani dell’accoglimento del ricorso presentato dalla Cgil al Consiglio d’Europa sulle difficoltà riscontrate in Italia per l’accesso all’aborto nelle strutture pubbliche.

“A nostro avviso questo progetto rappresenta un importante passo importante per contrastare un fenomeno senz’altro rilevante nel nostro paese, intervenendo sulle cause alla radice del problema. I dati Istat del 2012 indicano infatti che la percentuale di donne che ripete l’intervento di Ivg è del 26.6%, con una frequenza più alta nelle donne straniere (38%), rispetto alle donne italiane (21%). Il costo complessivo delle Ivg ripetute è di circa 29.9 milioni di Euro l’anno in Italia. Appare pertanto evidente l’importanza che in tutti i centri che praticano le Ivg venga proposto, immediatamente dopo l’interruzione di gravidanza, un programma contraccettivo basato sulle specifiche esigenze della donna e che che qualunque sia il metodo contraccettivo scelto venga fornito subito dopo l’intervento”, spiega l’Associazione degli ostetrici ginecologi ospedalieri italiani.
Se chi richiede l’interruzione della gravidanza ha alle spalle un fallimento di un metodo contraccettivo perché fatica ad attenersi allo schema di assunzione di un contraccettivo orale oppure perché non riesce ad utilizzare correttamente il condom “in questi casi può essere utile consigliare i sistemi contraccettivi a lunga durata e reversibili (Larc), che i dati dell’Oms indicano come i sistemi contraccettivi più sicuri e che garantiscono la percentuale più alta di adesione al metodo dopo 12 mesi. Questi metodi possono essere inseriti direttamente durante l’intervento di isterosuzione, senza arrecare alcun disagio alla paziente”.

L’articolo 14 della legge 194/78 recita: “Il medico che esegue l’interruzione della gravidanza è tenuto a fornire alla donna le informazioni e le indicazioni sulla regolazione delle nascite (…)”. Questa norma, sottolineano dall’Aogoi, che dovrebbe essere nota a tutti, è molto spesso disattesa nei nostri ospedali, dove non sempre è garantita la dovuta attenzione alla contraccezione nel dopo Ivg. “Ciò soprattutto – si spiega – per il sovraccarico di lavoro che molti centri devono sopportare con l’impegno dei nostri colleghi a cui chiediamo un’ulteriore sacrificio per portare avanti questo nostro programma scientifico e di alto valore sociale”.

“Come sottolineato in tutte le linee guida, è molto importante che lo staff della struttura che ha praticato l’intervento di Ivg si assicuri che la donna abbia ricevuto informazioni adeguate sulla contraccezione, compresa quella d’emergenza, che il metodo scelto le sia fornito e che possegga i riferimenti del centro per la pianificazione familiare più vicino. Ricordiamo che dopo una interruzione volontaria di gravidanza si assiste ad una rapida ripresa dell’ovulazione, con l’83% dei cicli ovulatori già nel primo mese dopo l’intervento.  L’aggiornamento e la valorizzazione del ruolo degli operatori dei centri Ivg è uno dei punti cardine del nostro progetto che prevede anche la distribuzione di materiale informativo per gli operatori e soprattutto l’organizzazione di incontri di formazione.  L’efficacia del progetto – prosegue l’Aogoi – sarà valutata attraverso la distribuzione e l’analisi di un questionario sulla scelta contraccettiva effettuata dalle donne che richiedono l’Ivg. A lungo termine potrà essere valutata anche attraverso la verifica di una riduzione delle Ivg ripetute osservata dai dati Istat”.

Nel quadro delle finalità del Progetto Aogoi, che si inserisce in quello più ampio del Piano nazionale Fertilità,” riteniamo utile promuovere anche la disseminazione di tutte quelle esperienze dei centri Ivg tese a preservare oltre alla salute riproduttiva e sessuale anche quella psico-fisica delle donne che si trovano a vivere un momento particolarmente delicato della loro vita. In questo contesto, un obiettivo importante è quello di aumentare il più possibile la compliance delle donne nei confronti dei protocolli abortivi utilizzati e di ridurre disagi legati a tale pratica. Nell’ottica di ottenere il miglior risultato terapeutico, con un minimo utilizzo dei farmaci e riducendo il più possibile i tempi di ricovero, venendo così incontro alle esigenze della paziente e delle strutture pubbliche, spesso in difficoltà a causa degli alti costi dei ricoveri”.

“Per alcune donne la richiesta di Ivg può rappresentare un’occasione unica di accesso al sistema sanitario, di conseguenza è importante non perdere l’opportunità di proporre un colloquio per la successiva pianificazione familiare – spiegano i ginecologi -. Ricordiamo che le donne sono molto motivate ad evitare un successivo insuccesso della contraccezione”.

“L’attenzione alla salute e al benessere sessuale, riproduttivo e psico-fisico della donna e la valorizzazione della professionalità e del ruolo degli operatori dei servizi di Ivg costituiscono gli elementi portanti di questa iniziativa che, siamo certi, contribuirà a ridurre significativamente il tasso delle Ivg ripetute, ormai stabile da molti anni, contrastando il fenomeno alla sua radice. Infatti, basti pensare a quel 26.6% di Ivg ripetute che se contrastate, potrebbero ridurre sensibilmente il numero, per altro già ridotto, degli interventi di interruzione volontaria della gravidanza.  Nell’ultimo anno – conclude l’Aogoi – i dati numerici delle Ivg si sono attestati intorno alle 100.000 unità, abbattere ¼ di tale cifra avrebbe un valore sociale meraviglioso, alleggerendo contemporaneamente la pressione sui centri che devono eseguire detti interventi”.

Da QS

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